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Al 3° piano della manica ottocentesca della Castiglia di Saluzzo, un nuovo allestimento multimediale presenta, alla luce della storia europea, i tratti salenti dell’identità culturale espressa dai Marchesi di Saluzzo e dai ceti dirigenti a loro collegati fra XII e XV secolo.

Il Museo si articola in 11 sale, ognuna delle quali illumina un aspetto o un momento significativo della società cavalleresca e cortese del Marchesato, presentando uno o più personaggi chiave: matrimoni, carriere ecclesiastiche e militari, riferimenti letterari collocano Saluzzo al centro di un sistema di relazioni di volta in volta con il Papato, l’Impero,il regno di Francia, gli Angioini, gli stati grandi e piccoli della Penisola.

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Museo della Civiltà Cavalleresca
Saluzzo, Piazza Castello, 1

Info e orari sul portale Saluzzo turistica

 

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Per conoscere le storie di alcuni Marchesi di Saluzzo dovrete salire al Museo della Civiltà Cavalleresca. Non vi troverete un racconto cronologico e puntuale su tutti i signori di Saluzzo, ma una serie di suggestioni che hanno lo scopo di introdurvi nel mondo di una piccola corte. La narrazione sottolinea che, come sosteneva Tommaso III di Saluzzo, le possibilità di affermazione di uno Stato sono in parte dovute alle capacità di chi lo governa e ai cittadini e, in parte, dipendono dal caso o meglio da Madama Fortuna.

Uno degli aspetti più interessanti dell’allestimento è quello di aver inserito numerose riproduzioni di opere d’arte sparse sul territorio e provenienti anche da altri luoghi d’Italia e d’Europa, ma tutte legate alla storia dei Saluzzo e talvolta inaccessibili al pubblico nel loro contesto d’origine. Il percorso quindi vi suggerisce anche nuovi viaggi in una sorta di caccia al tesoro in giro per il Piemonte, l’Italia e oltralpe.

La prima sala ci ricorda che nel medioevo un signore per essere riconosciuto come tale doveva anche essere un cavaliere. Doveva dimostrare abilità con le armi ed essere insignito di tale titolo in un’occasione importante. Essere cavaliere era un riconoscimento ambito ed era anche il sogno di molti bambini che, non potendo avere un costoso cavallo, immaginavano di evocare le gesta di quei prodi cavalcando destrieri di legno (Castelli di Lagnasco).

La seconda sala tocca due temi. Il primo è quello della caccia: prerogativa dei signori, sfoggio di abilità ed allenamento per i cavalieri in periodo di pace. Il secondo è quello dei boschi e delle selve che, se da una parte era il terreno ideale per la caccia, dall’altra erano luoghi di approvvigionamento di beni utili per la vita quotidiana e un limite per lo sviluppo dell’agricoltura. Se le immagini ricordano i Saluzzo impegnati nella caccia al cervo e all’orso (Castello di Cardé), i plastici richiamano le abbazie che essi vollero sul territorio e il cui insediamento ebbe anche come obiettivo quello di ridurre le selve a coltivi (Abbazie diStaffarda e di Casanova).

La terza sala ci ricorda che se per assicurare la discendenza del casato un signore doveva avere molti figli, il fatto che parecchi di questi raggiungessero l’età adulta poteva essere un problema. Fu il caso di Tommaso I di Saluzzo che dovette trovare sistemazione ad oltre dieci pargoli. Per essi il marchese costruì carriere o rifugi. Ci fu chi, tra di loro, fu cavaliere, chi vescovo, chi si sposò e chi entrò in convento. Molti lasciarono una traccia tuttora riconoscibile in chiese, musei, blasoni in Italia ed in Europa.

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