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La riforma del 1975 e gli anni di piombo

Dopo la riforma del 75 gli anni di piombo sfiorano la Castiglia di Saluzzo

Scritte sui muri della Castiglia nel 1978
Foto di interni della Castiglia nel 1978 (Foto Alberto Gedda)

Foto di interni della Castiglia nel 1978 (Foto Alberto Gedda)

Nel 1975, dopo un lunghissimo iter parlamentare, il legislatore italiano riesce finalmente a licenziare la riforma dell’ordinamento penitenziario.

Una riforma molto avanzata che adegua le carceri italiane ai principi costituzionali, che introduce le misure alternative alla detenzione e la magistratura di sorveglianza per consentire maggiori controlli di garanzia all’esecuzione della pena.

Il carcere viene ufficialmente riconosciuto come pena residuale e quindi utilizzabile solamente nei confronti dei reati più gravi e delle persone più pericolose socialmente.

Mai affermazione viene tuttavia smentita più velocemente. Il clima politico e culturale del Paese di quegli anni è molto diverso dalle speranze di riforma degli anni precedenti.

Incombono i cupi anni di piombo e le esigenze di sicurezza e di protezione dell’ordinamento democratico porteranno in breve tempo alle carceri di massima sicurezza, alle rivolte e alle evasioni dei detenuti politici; il carcere invece di rappresentare l’extrema ratio della politica criminale diventa lo strumento principale di repressione del terrorismo e della criminalità organizzata (altra emergenza che ben presto prenderà il centro della scena).

L’AGGRESSIONE AL GIUDICE CASELLI

La Stampa

Da La Stampa

La Castiglia non entrerà a far parte del circuito delle carceri di massima sicurezza, ma non mancherà di essere coinvolta nelle indagini sul terrorismo brigatista come mostra un curioso episodio che vede protagonisti uno dei maggiori esponenti delle Brigate Rosse, Alberto Franceschini, e uno dei più brillanti giudici che cominciano proprio allora a porre le premesse per le indagini che forniranno un contributo decisivo alla sconfitta dell’eversione brigatista.

La mattina del 17 luglio 1975, in un interrogatorio alla Castiglia, Franceschini, all’epoca indagato per il sequestro del giudice Sossi, ha un alterco e aggredisce fisicamente il giudice Giancarlo Caselli.

In seguito a questo episodio, Franceschini presenta istanza di ricusazione del giudice, in quanto potrebbe essere influenzato dal fatto di essere parte in causa nella lite che si innesta sull’episodio.

Pare il tentativo molto astuto di liberarsi di un magistrato particolarmente agguerrito e competente: tentativo peraltro non riuscito.

A Caselli, nella sentenza che respinge l’istanza di ricusazione, si riconosce di aver tenuto una condotta “sempre improntata non solo alla massima obiettività ed imparzialità, ma anche alla più assoluta serenità”.

info@museodellamemoriacarceraria.it

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