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Prigionieri valdesi

La storia della relegazione della popolazione valdese alla Castiglia di Saluzzo.

Disegni di Gennaro Amato nel volume di E. De Amicis, Alle porte d’Italia, 1892 (Foto Giorgio Olivero)
Dipinto di Silvio Allason, Episodio della persecuzione dei Valdesi (1875 ca.), Galleria d’Arte Moderna di Torino

Dipinto di Silvio Allason, Episodio della persecuzione dei Valdesi (1875 ca.), Galleria d’Arte Moderna di Torino

Nel periodo precedente al suo uso carcerario, la Castiglia ha svolto anche la funzione di luogo di relegazione. In particolare, dal maggio 1686 sino al gennaio 1687, insieme alle principali fortezze e castelli del Piemonte, è stata utilizzata per raccogliere e annientare la popolazione valdese delle valli D’Angrogna e Pellice. Donne, vecchi e bambini vengono deportati dalle loro case e dai loro campi e rinchiusi per mesi al freddo e in condizioni disumane in omaggio alla nuova stagione di repressione dell’eresia protestante inaugurata con la revoca dell’editto di Nantes da parte di Luigi XIV. Dopo la scelta del Duca Vittorio Amedeo II di cedere alle pressioni del Re Sole, i valdesi vengono stretti nella morsa dell’esercito ducale e di quello francese capeggiato dal generale Nicolas de Catinat.
I combattimenti veri e propri durano solo tra il 22 e il 25 aprile 1686, in seguito iniziano i rastrellamenti con l’avanzata inarrestabile dei due eserciti regolari. La lotta è impari: davanti ad un esercito di 9000 soldati bene addestrati ed armati che si avvale, per la prima volta in un territorio di montagna, anche dell’artiglieria si schierano 2500 valdesi, contadini con armi di fortuna e non organizzati militarmente; dalla loro parte solo la conoscenza dei luoghi e la disperazione di chi difende la propria famiglia e la propria casa. Le tattiche di guerriglia che il mitico Josuè Janavel aveva elaborato dall’esilio ginevrino nulla possono contro la forza del numero e dei cannoni.
Nel giro di poco più di sei mesi dei circa 8500 prigionieri valdesi rimangono in vita, a causa delle terribili condizioni di detenzione, non più di 3500. Nel gennaio del 1687, Vittorio Amedeo II concede la liberazione a condizione di emigrare a Ginevra o di cattolizzarsi ed accettare il trasferimento nelle terre del vercellese: 2880 di essi si mettono in marcia verso Ginevra (dove ne arriveranno 2500 per i disagi del viaggio invernale). Tra di essi il primo nucleo dei valdesi (i cosiddetti Invincibili) che saranno protagonisti del Glorioso Rimpatrio del 1689 quando i mutati rapporti di forza tra le potenze europee renderanno possibile l’epica rivincita valdese sotto la guida del pastore Enrico Arnaud, scampato avventurosamente all’eccidio del 1686.

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