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A pane ed acqua (e molto altro)

L'organizzazione del carcere per rispondere ai bisogni primari di custodi e custoditi dal pane ed acqua alla salute.

Latrine al carcere di Holloway (1862) BIBLIOTECA FONDAZIONE EINAUDI TORINO
Deposito di vestiti per le recluse del carcere femminile di Tothill (1862) BIBLIOTECA FONDAZIONE EINAUDI TORINO

Deposito di vestiti per le recluse del carcere femminile di Tothill (1862) BIBLIOTECA FONDAZIONE EINAUDI TORINO

Gestire una comunità chiusa come quella carceraria significa anche risolvere il problema di dover provvedere ad un considerevole numero di soggetti che devono vivere per lungo tempo in spazi ristretti.

Custodi e custoditi non solo devono mangiare e bere, ma occorre che siano a loro forniti vestiti, letti, pagliericci e arredamenti per le celle, sistemi di riscaldamento e di ricambio dell’aria, medicinali e locali per l’infermeria, latrine e lavanderie.

Tutto questo richiede organizzazioni complesse e finanziamenti cospicui per le deboli strutture amministrative degli Stati ottocenteschi.

I penitenziaristi ottocenteschi hanno rivolto particolare attenzione alle questioni della salubrità e dell’igiene degli istituti penitenziari.

Uno dei più qualificati di essi, Carlo Petitti di Roreto, riteneva tali questioni concernenti sei aspetti principali:

  1. la distribuzione delle celle all’interno dell’istituto;
  2. la ventilazione della struttura e l’attività fisica che si intende permettere ai reclusi;
  3. la pulizia dei luoghi e delle persone (sia dei detenuti che del personale);
  4. la nutrizione di queste persone;
  5. le divise assegnate ai carcerati;
  6. il servizio sanitario previsto ai detenuti che si ammalano.

 

info@museodellamemoriacarceraria.it

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