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Calano i reati ma aumenta il sopraffollamento

Nonostante tutto, questo scorcio finale di legislatura potrebbe riservare una sorpresa positiva. Tutto è nelle mani del ministro Orlando e del premier Gentiloni

Ma che giustizia penale è una giustizia che ha pendenti nei suoi tribunali un milione e mezzo di processi di cui 300 mila circa hanno già superato i limiti di durata massima con relativi obblighi di risarcimento? Il carcere nuovamente troppo affollato di oggi – poco meno di 57 mila detenuti rispetto ai 54 mila del giugno del 2016 – è l’effetto di un sistema penale irrazionale, ingombrante, selettivo e di classe. Se solo un grande tema come quello delle droghe fosse trattato in modo non repressivo avremo varie migliaia di detenuti in meno con benefici per tutti: per i consumatori di sostanze che non finirebbero in galera, per il fisco, per tutti gli altri detenuti che avrebbero più spazio a disposizione.
A partire dalla questione del poco spazio (meno di 3 mq a testa) nel 2013 l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani. Allora fu messo in moto un virtuoso circuito riformatore che portò a importanti passi in avanti nella legislazione in materia di custodia cautelare, benefici penitenziari, diritti dei detenuti. Fu istituito il garante nazionale delle persone private della libertà.

Come mai dunque in soli 4 anni, senza troppe modifiche in peggio della legislazione penale e penitenziaria e con un tasso di criminalità in calo, la popolazione detenuta di nuovo cresce? I motivi sono principalmente due: alcune di quelle riforme erano a tempo e il tempo è scaduto; il clima politico e culturale è pericolosamente deteriorato così influenzando l’operato delle forze di polizia e dei giudici non insensibili alle richieste securitarie che arrivano da politici e media. C’è una rinuncia da parte della classe dirigente all’esercizio di ogni vocazione pedagogica rispetto ai corpi sociali intermedi. Un dato è eloquente: negli ultimi cinque anni è diminuita del 3% circa la percentuale degli stranieri detenuti nelle carceri italiane nonostante le fantomatiche invasioni di migranti che turbano i sogni mezza Europa. Un dato di questo genere dovrebbe essere urlato per sconfiggere stereotipi e pregiudizi, invece passa sotto traccia.

Nonostante tutto, questo scorcio finale di legislatura potrebbe riservare una sorpresa positiva. Tutto è nelle mani del ministro della Giustizia Andrea Orlando e del premier Paolo Gentiloni. Loro, dopo l’approvazione a giugno della legge delega dal parlamento, dovranno in tempi stretti proporre una riforma dell’ordinamento penitenziario per adulti (e un ordinamento del tutto nuovo per i minori) che migliori sensibilmente la vita interna alle carceri espandendo l’area delle misure alternative su cui si gioca la vera partita della risocializzazione. C’è spazio per mettere al centro la dignità umana, abolire l’ergastolo ostativo, estendere l’applicazione delle misure alternative, assicurare luoghi e tempi per la sessualità, liberalizzare per i detenuti comuni l’uso delle telefonate, delle mail e di skype, rendere identificabile il personale, eliminare le pene accessorie e garantire il diritto di voto ai detenuti. Antigone ha già messo a disposizione delle commissioni ministeriali le sue proposte. In poco tempo si può fare una grande riforma nel nome di chi l’aveva già scritta (Alessandro Margara) alcuni anni addietro, prima di lasciarci, ma anche per dare un segnale al paese, ossia che anche in campagna elettorale si può essere progressisti e coraggiosi.

FONTE: Patrizio Gonnella, IL MANIFESTO

biografi@museodellamemoriacarceraria.it

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