Carceri, il governo con un coraggio tardivo dà via libera alla riforma
Giustizia. Via libera (quasi in extremis) al decreto legislativo che ridisegna l’ordinamento penitenziario. Lega e M5S: «Lo cancelleremo»
Paradossalmente, mentre si prepara a lasciare il campo alle destre che hanno vinto le elezioni, il governo Gentiloni mostra quel coraggio che gli era mancato negli ultimi mesi, almeno da quando – il 22 dicembre scorso – aveva lanciato il sasso del diritto costituzionale avviando l’iter della riforma dell’ordinamento penitenziario, per poi nascondere la mano.
Ieri invece il Consiglio dei ministri ha dato il via libera (quasi definitivo) al primo decreto legislativo che attua la delega ottenuta dal parlamento il 23 giugno 2017 ridisegnando in parte il profilo dell’esecuzione penale, vecchia ormai di 40 anni e che rischiava di far incorrere l’Italia in altre condanne della Corte europea dei diritti umani. E il ministro Andrea Orlando ha tenuto testa al leghista Matteo Salvini e ai grillini che elargiscono slogan privi di fondamento come fossero in campagna elettorale.
«VERGOGNA, un governo bocciato dagli italiani approva l’ennesimo salva-ladri. Appena al governo cancelleremo questa follia nel nome della certezza della pena: chi sbaglia paga!», commenta l’aspirante premier. Ma il leader del Carroccio non è solo, si muove all’unisono con l’Ugl, la più estrema delle sigle sindacali della polizia penitenziaria, ma anche con l’ex ministro degli Affari regionali di Renzi e Gentiloni, Enrico Costa, e soprattutto con il Movimento 5 Stelle.
Per il possibile prossimo ministro di Giustizia pentastellato, Alfonso Bonafede, infatti, il provvedimento «mina alla base il principio della certezza della pena» ed «è un affronto che non può essere accettato». Secondo l’ex vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, «il governo è consapevole che i cittadini non vogliono una norma di questo tipo e, proprio per questo, lo ha approvato con una strategia sconcertante per il modo in cui calpesta le prerogative parlamentari», approvando il testo del decreto legislativo «nella distrazione generale» e «nella fase di passaggio tra una legislatura e l’altra».
«NON C’È NESSUN “salva-ladri”, noi le pene per i ladri le abbiamo aumentate rispetto a quelle che c’erano. – ha ribattuto, fiero, il ministro Orlando – E non c’è nessuno “svuota-carceri”: vedrete che nei prossimi giorni nessuno uscirà sulla base degli automatismi. C’è una norma che dice che si deve valutare il comportamento del detenuto, naturalmente non per tutti i reati: se la persona ha studiato, se ha lavorato, a un certo punto la pena può essere trasformata in un altro tipo di pena, che restituisca qualcosa alla società, anche con il lavoro, risarcendo il danno prodotto con il reato».
Il decreto attuativo infatti amplia le possibilità di ricorso alle pene alternative ma elimina gli automatismi affidando maggiore discrezionalità alla magistratura di sorveglianza che deciderà caso per caso il percorso punitivo/rieducativo di ciascun condannato. E introduce alcune norme per migliorare la vita dei detenuti, lavoro, studio, formazione, contrasto alle discriminazioni e accesso alle cure per i malati psichici. «Si tratta di un provvedimento che serve ad abbattere la recidiva – fa notare Orlando – Siamo un Paese che spende quasi 3 miliardi di euro ogni anno per eseguire le pene, ma purtroppo abbiamo ancora un tasso di recidiva tra i più alti d’Europa. Con questo intervento andiamo in un’altra direzione».
IL TESTO DEL DECRETO attuativo della delega legislativa non ha subito ieri le modifiche – lo stravolgimento, si potrebbe dire – richieste dalla commissione Giustizia del Senato. D’altronde aveva invece ottenuto il parere favorevole della Camera. Ora, dopo il via libera in Cdm, il provvedimento torna di nuovo alle commissioni che in teoria hanno dieci giorni di tempo per esprimere un nuovo parere, comunque non vincolante ai fini della definitiva approvazione da parte del governo.
Il problema è che le commissioni non esistono ancora. Ma, ha spiegato Orlando, in attesa che si costituisca una maggioranza in grado di dare vita alle commissioni parlamentari, si potrebbero istituire due commissioni speciali, una alla Camera e una al Senato, per mandare avanti i provvedimenti più urgenti, come ad esempio il Def che l’esecutivo dovrebbe presentare entro il 10 aprile.
I TEMPI OVVIAMENTE stringono ma questo provvedimento potrebbe comunque andare a buon fine prima che sia troppo tardi e che il lavoro di oltre 200 esperti per due anni e del parlamento uscente venga buttato via. Rimangono fuori gli altri tre decreti legislativi concernenti l’ordinamento penitenziario dei minori, il lavoro e la giustizia riparativa, quelli adottati in via preliminare il 22 febbraio scorso quando, in piena campagna elettorale, il governo Gentiloni proprio non se la sentiva di fare il passo compiuto finalmente ieri.
FONTE: Eleonora Martini, IL MANIFESTO