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La Relazione sulle carceri del Garante nazionale Mauro Palma

Diritti. Carceri, Rems, Rsa, Tso, Cpr

Sono 58.569 i detenuti presenti nelle carceri italiane (+2mila circa rispetto all’anno scorso).

Sono stati 23 i suicidi in questi primi mesi del 2018 (50 nel 2017) e ben 517 i tentati suicidi.

Poco meno di 10.000 gli atti di autolesionismo, segnale di una condizione di vulnerabilità, disperazione, solitudine.

Circa 2.000 i casi di persone sottoposte a isolamento disciplinare (la condizione in cui talvolta accadono eventi drammatici). Quasi 500 le persone presenti nelle Rems, nate a seguito della chiusura degli Opg.

NEGLI HOTSPOT, le strutture di primo soccorso e identificazione dei migranti appena arrivati sul territorio, hanno fatto ingresso ben 40.534 persone nel 2017 (-37% rispetto al 2016). Di questi, 4.956 erano minori e 3.578 donne. 119.369 le persone complessivamente sbarcate, di cui 15.779 minori non accompagnati.

Sono 1.081 le camere di sicurezza oggi agibili nelle caserme dei Carabinieri, mentre 328 sono quelle nelle stazioni di polizia. In base agli ultimi dati disponibili (2015) i Tso sono stati quasi 9.000, con punte allarmanti in alcune regioni.

Infine sono circa 300.000 i minori, i disabili e soprattutto gli anziani non autosufficienti che risiedono in strutture dove la libertà di movimento, per varie ragioni, è parzialmente impedita.

Alcune schede dalla Relazione 2018

Sono solo una piccolissima parte dei dati raccolti nella seconda Relazione annuale del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, presentata ieri al Senato.

In una fase politica e culturale nella quale è sulla pelle delle fasce più deboli – spesso interessate dalla privazione della libertà, penale o amministrativa che sia – che si è stretta quella parte del patto di governo che, sola, si vorrà grossolanamente realizzare per mostrare agli elettori che le truci promesse non erano vane, la voce istituzionale, indipendente e lucida del Garante costituisce una solida àncora da cui ripartire.

MAURO PALMA – presidente del collegio del Garante, di cui fanno parte Daniela De Robert ed Emilia Rossi – ha raccontato quello che ci lasciamo alle spalle come un anno connotato dall’attesa.

Per il mondo della disabilità, cui è dedicato il primo capitolo tematico della Relazione, l’attesa ha riguardato il lavoro dello stesso Garante, che per la prima volta ha assunto l’impegno di monitorare le strutture di residenza dove le persone disabili entrano forse volontariamente ma nel tempo si ritrovano spesso in una situazione di privazione effettiva della libertà.

Nel mondo della detenzione penale, l’attesa ha riguardato il nuovo ordinamento penitenziario, che avrebbe concluso e portato a organicità le riforme effettuate dopo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e le riflessioni degli Stati Generali dell’esecuzione penale.

Nel mondo delle migrazioni, l’attesa riguardava il passaggio da emergenza a sistema, attraverso la creazione delle strutture detentive regionali previste per decreto all’inizio del 2017. Ancor più, l’attesa era quella di non vedere una diminuzione degli sbarchi dipendere da una maggiore detenzione nei paesi di partenza.

LA LETTURA DELLA RELAZIONE – esito solo l’anno scorso di ben 90 visite nelle carceri, nelle stazioni di polizia, nelle Rems, nelle residenze per disabili, nei centri di detenzione per stranieri, sugli aerei dei rimpatri forzati – costituisce uno sguardo lucido e informato sull’Italia contemporanea.

L’osservazione e il monitoraggio non sono mai neutri. Sono fattori di cambiamento e trasformazione.

Alla presentazione del Rapporto erano presenti il presidente della Camera Roberto Fico, la vice presidente del Senato Anna Rossomando, i vertici della giustizia italiana al completo, dal capo del Dap Santi Consolo al neo-sottosegretario alla giustizia Vittorio Ferraresi al Guardasigilli Alfonso Bonafede.

Quest’ultimo, intervenendo in chiusura, ha ribadito la linea (invero costituzionalmente dovuta) della pena tendente alla rieducazione, sottolineando però come i cittadini chiedano certezza delle sanzioni. Una certezza che, a dire del ministro, non sarebbe garantita dalla riforma che il precedente governo non ha voluto portare a termine, che puntava in maniera più decisa sulle misure alternative alla detenzione.

Misure erroneamente viste da Bonafede solo come «svuotacarceri», seppur di sanzioni penali sempre si tratti e seppur abbiano garantito maggior successo in termini di sicurezza e abbattimento della recidiva.

Di quel decreto, ha aggiunto Bonafede, non tutto è però da buttare, e ha annunciato che riprenderà la parte relativa al miglioramento della vita interna e a un maggiore investimento sul lavoro – retribuito o meno? – quale massimo strumento rieducativo.

Ha infine annunciato aperture su un nuovo ordinamento penitenziario minorile (un minore che fa un reato, ha detto, «è una vittima»). Nulla di nuovo invece sul 41-bis, definito da Bonafede «uno strumento irrinunciabile».

 

FONTE: Susanna Marietti *, IL MANIFESTO

* Associazione Antigone

biografi@museodellamemoriacarceraria.it

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